1Prima
di questa data non abbiamo altre notizie della famiglia Coppola, in quanto, nel maggio
1484, i Veneziani, dopo aver espugnato Gallipoli, trafugarono e dopo distrussero tutti i
documenti dell'Archivio storico dellUniversità (Amministrazione civica) di
Gallipoli.
2G.
Battista De Tomasi, "Degli uomini illustri del Regno di Napoli", Tomo Quinto,
Napoli, MDCCCXVIII.
3Vincenzo
Dolce, "Illustrazione degli stemmi dipinti nella sala del Palazzo comunale di
Gallipoli e Codice diplomatico gallipolitano", ms. in Biblioteca civica, pp.93, 95.
4Pietro
Maisen, "Gallipoli e dintorni", Tipografia Municipale, Gallipoli, pp.124-126.
5Vincenzo
Dolce, op. cit., p.96.
6Figlio di Francesco e nipote di Nuzzo, quest'ultimo figlio di Orsino.
Leonardo generò anche due figlie: Porfida che diventò monaca di S. Chiara e Giovanna che
nel 1620 sposò Ottavio Zacheo.
7Uno dei principali doveri del sindaco di Gallipoli, che per molti
secoli, fino al 1790, fu espresso dal ceto dei Patrizi, era quello cosiddetto
dell'"Annona del grano": dovere dispendioso ed il più delle volte disastroso
per il suo patrimonio. Il suddetto, prima di assumere l'importante carica, senza per nulla
intaccare il "Peculio universale" (successivamente "Stato discusso"
poi "Bilancio comunale") dell'Università, doveva acquistare, a proprie spese,
una grande quantità di grano che doveva servire, successivamente, in caso di guerra,
durante eventuali assedi della città, o durante le ricorrenti carestie, a sfamare i
cittadini. L'"Annona del grano" rovinò il patrimonio di alcuni patrizi che
avevano esercitato l'alta funzione poiché essi, molte volte, per comprare il prodotto,
avevano contratto debiti pagando alti interessi. Tra questi ricordiamo Silvio Zacheo nel
1570, Filippo Briganti nel 1764, Vincenzo Tafuri nel 1789, Filippo Coppola nel 1750, nel
1761 e nel 1781: quest'ultimo per pagare i debiti, per l'acquisto del grano, fu costretto
a vendere i suoi beni e ad ipotecare quelli della sorella Rosalia, "monaca
bizzocchera", con la debita autorizzazione della Camera di S. Chiara di Napoli (Cfr.
F. D'Elia, "L'Annona del grano ed i Sindaci di Gallipoli nei secoli passati", in
'Corriere Meridionale', Lecce, 25 febbraio 1898, e dello stesso "L'Annona del grano e
un tumulto in Gallipoli nel 1570" in 'Corriere Meridionale', Lecce 24 marzo 1898).
Nel 1606, quando era sindaco Gesualdo Camaldari, particolarmente grave fu la carestia per
la penuria del grano dovuta al maltempo. Fortunatamente i gallipolini non soffrirono la
fame grazie alla sagacità, alla vigoria ed alla generosità di Antonello Roccio, illustre
letterato e storico, sindaco nel 1607, che impegnando i suoi averi e prendendo a prestito
26 mila ducati comprò 15.000 tomoli di grano e 2.000 tomoli di orzo.
8Libro Rosso, ms. in Biblioteca civica, pp.337 e 342.
9Nel 1625, il viceré Duca d'Arcos impose una nuova tassa (donativo) di
due carlini su ogni "fuoco" (fuoco era chiamato ogni nucleo familiare: esso era
composto di 4-5 persone), senza alcuna autorizzazione del Parlamento. Nella nostra città
esistevano allora 1300 fuochi ed essa dovette pagare al fisco 260 ducati. Questa
"spontanea" ed esosa esazione si ripeté più volte nel secolo XVII e Gallipoli
contribuì generosamente e puntualmente (Cfr. E. Vernole, "Uno sguardo al Seicento
gallipolino", ms. in Biblioteca civica, p.11 e segg.).
10Dai viceré spagnoli furono fatti numerosi tentativi di privare
della demanialità la città di Gallipoli, di spezzettare il suo territorio e di venderlo
a caro prezzo a qualche barone facoltoso. La Magnifica Università di Gallipoli si oppose
sempre strenuamente impedendo all'ingordo Fisco spagnolo di realizzare i suoi infami
progetti. Un primo tentativo fu fatto da Napoli, nel 1585, regnando Filippo II. La città
fece valere i suoi diritti davanti all'Alta Corte di Giustizia esibendo antichi documenti,
risalenti al secolo XIII, attestanti l'antico privilegio, concessole dai Re Normanni e
confermatole da Enrico VI di Svevia, della sua demanialità e di tutto il suo territorio:
"cum tenimentis suis omni futuro tempore in nostro, nostrorunque heredum demanio
retinere" (Cfr. F. D'Elia, "Gallipoli non fu mai sottomessa a feudatario",
Estratto dalla Rivista Storica Salentina, Anno VIII, n. 7-8, p.26).
11Cfr. Gaetano Valente, "G. C. Coppola, poeta cesareo, arciprete
prelato di Terlizzi, Vescovo di Muro Lucano", Estratto da "Studi in onore di Don
T. Bello", Molfetta, 1992, pp.117-118.
12
Quanti prati ha la terra, i prati han fiori
Quanti gli
alberi han rami, i rami han fronde,
Quant'onde
ha 'l mare, e quante stille han l'onde
Quanti
have raggi il sole, i rai splendori.
Quante spiega la notte ombre, ed
orrori,
Quante
bellezze il ciel mostra, e nasconde,
Quante i
lidi hanno arene, erbe le sponde,
E pensieri
le menti, e voglie i cuori.
Tante gioje il nuovo anno a te
conceda
Gran
Ferdinando, e più felice ascenda
Poscia il
secondo, e 'l terzo a lui non ceda.
Gara gentil tra gli anni tuoi si
accenda
Sempre
quello, che segue il primo ecceda,
E lungo
stuol di lustri in ciò contenda.
13Solo
una copia, fortunatamente, sfuggì al rogo: essa è conservata a Nardò presso la
biblioteca privata del Prof. Lamberto Coppola.
14G. Battista De Tomasi, op. cit.
15G. Battista De Tomasi, "Degli uomini illustri del Regno di
Napoli", Tomo Quinto, Napoli, MDCXVIII.
16E. Melfi, Giovanni Carlo Coppola, "Dizionario biografico degli
Italiani", vol. 28, p. 657.
17Canto XIV
- Ottava 19 -
Tù
segui ò bella PACE, onde tranquilla
Vive
l'alma quà giù, gode la Terra,
Così
scender potessi hor che sfavilla
Il crudo
Marte, e fulmini disserra:
Quanti
incendi eccitò breve scintilla!
Di che
poca ragion quanta gran guerra!
Arde
Europa, e tù puoi spegner l'ardenti
Fiamme, e
favilla di pietà non senti.
-
Ottava 20 -
Volgi
il guardo a che d'armi hoggi s'accampi
Contra
Italia infelice, aspra tempesta;
Qual nel
suo seno ad hor, ad hor si stampi
Strage,
ahi duol, miserabile, e funesta:
Vedove le
Città, sterili i campi
Lasciò
l'ira Divina, ed hor s'appressa
Fiero ad
armar la fulminante mano
Contra gli
avanzi suoi, furore humano.
18B. Ravenna, "Memorie istoriche della Città di Gallipoli",
Miranda, Napoli, 1836, p. 539.
19G. Paganino, "Chartae palantes...", Florentiae, 1638, p.
153.
20G. Valente, op. cit., p.153.
21A proposito così scriveva Galileo Galilei al suo amico Michelangelo
Buonarroti il giovane, nel gennaio 1637 : "Molto ill(ust)re Sig(no)re e Pad(ro)n
Col(endissi)mo. Sono col S(ignor) poeta Coppola, il quale mi favorisce di leggermi la sua
Favola con mio grande diletto. Ho preso licenza di rispondere a V(ostra) S(ignoria) molto
I(llustre) dopo il 2° atto, per non fare aspettar più il mandato suo. Io non ho ritratti
della persona mia, salvo che una bozza fatta un anno fa dal S(ignor) Giusto fiammingo, la
quale è manco che abbozzata; però V(ostra) S(ignoria) mi scuserà se non posso servirla.
Il Ser(enissimo) Principe Giancarlo ha condotto a me il Sign(or) Coppola, e lasciato il
suo carrozzino per ricondurlo. L'hora si fa tarda, e ci restano li altri 3 atti. Mi scusi
in grazia il mio S(ignor) Mich(elange)lo e mi ami. Tutto di V(ostra) S(ignoria) molto
I(llustre). Galileo Galilei" (G. Galilei, "Opere" (ed. Nazionale), vol.
XVII, p. 24).
22F. Rondinelli, "Relazione della Nozze degli Dei. Favola
dell'Abate Gio, Carlo Coppola. Alla Serenissima Vittoria, Principessa d'Urbino,
Granduchessa di Toscana", Firenze, 1637.
23Per quanto inserita con il suo territorio, ben definito e separato,
nella circoscrizione diocesana di Giovinazzo, in quel tempo la Chiesa di Terlizzi si
configurava a vera e propria prelatura "nullius" ("nullius diocesis":
il termine era inteso a qualificare la Chiesa di Terlizzi come sede prelatizia in diretta
dipendenza dalla Santa Sede e non dal vescovo diocesano), autonomamente retta dal suo
arciprete-prelato con funzioni giurisdizionali e prerogative "quasi episcopali",
con la sola esclusione delle competenze spettanti all'Ordine vescovile, come
l'amministrazione della cresima, il conferimento degli ordini sacri e la consacrazione
degli oli il giovedì santo. Così, la figura tradizionale dell'arciprete
"mitrato" era venuta man mano ad assumere corpo e consistenza di prelato
"nullius", facendosi sempre più insistenti nelle testimonianze documentali le
espressioni come "Archipresbiter Ordinarius" e "civitas Terlitii, nullius
(diocesis)". I vescovi di Giovinazzo, se avevano finito per transigere sulla
qualifica di Ordinario, si erano opposti con determinazione all'attribuzione negli atti di
curia di "civitas Terlitii, nullius diocesis". Da qui i continui ed inevitabili
scontri (G. Valente, op. cit., pp. 110-111).
24Ferdinando Ughelli nel suo "Italia sacra", Tomo VI, p.850,
così scrive: "Jo. Carolus Coppola, Gallipolitanus, Clementi succedit die 18 Maii
1643. Vir eruditione, & poeticae laurea insignis, plura sui ingenii reliquit poematia:
Obiit K sedente Innocentio X ("Laudatur à Nicodemo in additionibus ad Biblioth.
Neapolit. Toppii p.120. Et à Maraccio in Bibl. Mariana par. 1, p. 702. Mandosius.)".
25Cfr. Gauchat, "Hierarchia catholica", IV, p. 250, nota 2.
26G. Valente, op. cit., p. 158.
27Ibidem, pp. 159-162.
28G.
C. Coppola, "Cosmo o vero LItalia Trionfante", Introduzione (Serenissimo
Gran Duca), p. II, Firenze, 1650.
29Ibidem, Introduzione
(Serenissimo Gran Duca), p. III