Le Società operaie nel Mezzogiorno d'Italia
Agitazioni a Gallipoli nel decennio 1880-1890
Il presente saggio è nato dallesigenza di fornire al lettore la conoscenza di come si evolvono, in un determinato periodo storico, i comportamenti sociali di una classe che per millenni ha subito legemonia di altre classi.
Esso rientra nel campo dell"antropologia socioculturale", poiché, prendendo in esame un campo dindagine "fluido", si rivolge allo studio di determinati comportamenti, degli istituti e delle tecniche di un ceto che bramava ardentemente di emanciparsi.
Siamo di fronte a masse di operai, un mondo disgregato, a cui la legislazione borghese negava quasi ogni diritto, anche quello di associarsi: una classe collocata al margine della vita politica e culturale, esclusa dal banchetto economico e sottoposta a una dura vessazione finanziaria ai limiti del latrocinio.Questa gente rappresentava l"altra umanità", la massa dei proletari urbani, buoni da sfruttare nelle fabbriche, indispenbsabili da impiegare come carne da macello nelle guerre coloniali, unumanità diversa in tutto, persino nel vestire, che nellassociazionismo trovò lunico mezzo per difendere i propri diritti.
* * *
Le società operaie, composte di artigiani e di operai, ma dirette da elementi borghesi che ne facevano parte in qualità di "soci onorari", avevano avuto prima del 1859
uno sviluppo notevole nel Regno sardo, dove avevano potuto usufruire della libertà di associazione concessa dallo Statuto di Carlo Alberto. Esse si dedicavano principalmente al mutuo soccorso, allistruzione dei lavoratori e allo studio dei mezzi per migliorare le condizioni di lavoro. I borghesi che le dirigevano erano in maggioranza moderati e liberali progressisti; solo a Genova ed in qualche altra località erano mazziniani. Comunque erano tutti più o meno ostili al socialismo e allidea di lotta di classe; perciò le società operaie rimasero generalmente estranee alle agitazioni e agli scioperi, che pure vi furono qua e là nel decennio 1849-59 per effetto di movimenti spontanei. Inoltre la prevalenza dei moderati mantenne le società estranee alla politica, nonostante la pressione dei democratici in senso contrario. Tuttavia le società operaie nel Regno sardo si collegarono tra loro e tennero tra il 53 e il 59 sette congressi, nei quali furono posti vari problemi, generali, come quelli degli orari di lavoro e dellistruzione obbligatoria.
Dopo lUnità la diffusione delle società operaie si intensificò rapidamente in gran parte dItalia. Secondo una statistica relativa al 1862 già alla fine di quellanno esistevano in Italia 445 società operaie, concentrate soprattutto nelle regioni settentrionali e centrali; solo 30 di esse erano state fondate nel Mezzogiorno e nelle isole. La stessa statistica dava i seguenti dati relativi a 408 società: 121.635 soci, dei quali 10.198 donne e 10.198 soci "onorari" (cioè benefattori o patroni politici borghesi), e un patrimonio complessivo di 2. 715.748 lire1.Dieci anni dopo il numero delle società era salito, secondo alcuni a 1.146, secondo altri a 1.345; gli iscritti erano 218.822, dei quali 20.956 donne; i soci onorari erano valutati tra l8 e il 10% del totale; il patrimonio complessivo era di circa 10 milioni di lire2. Il loro numero era aumentato nel Mezzogiorno, dove, tra il 65 e il 70, ne furono fondate 41.
La maggior parte delle società continuava a dedicarsi esclusivamente al mutuo soccorso, ma alcune avevano istituito cooperative di consumo ed anche di produzione; mentre altre avevano più o meno appoggiato scioperi e tendevano quindi ad anteporre la resistenza al mutuo soccorso.
Il distacco tra queste due attività si verificò tra il 1870 ed il 1890. Il mutualismo infatti tendeva ad uscire dalle forme primitive di assistenza semicaritativa per assumere sempre più un carattere previdenziale, che richiedeva calcoli complessi, mezzi finanziari adeguati e stabilità organizzativa. Divenne pertanto praticamente impossibile per le società che volevano continuare a dare impulso ad esso occuparsi contemporaneamente della resistenza e si pose daltra parte lesigenza dellintervento dello Stato nel campo della previdenza, che diede luogo, soprattutto dopo il 1880, a continue discussioni collegate con i primi lenti e timidi passi della legislazione sociale italiana. La resistenza invece aveva bisogno di organismi di lotta, guidati da uomini disposti ad affrontare rischi personali non lievi, data la severa e rigida legislazione allora vigente e più ancora la mentalità prevalente negli ambienti padronali e fra le autorità governative. Questi organismi furono appunto le Società o Leghe di resistenza, primi nuclei di movimento sindacale, per le cui origini gli anni 1870-71 segnarono un momento molto importante3.
A Gallipoli, splendida città marinara, onusta di glorie patrie, importante centro commerciale per lolio e per il vino, sede di un numeroso proletariato operaio composto di bottai e portuali, già il 4 dicembre 1865 era stata fondata, ad opera dellinsigne medico, letterato, e patriota mazziniano, Emanuele Barba, la Società Operaia di mutuo soccorso ed Istruzione4, della quale fu segretario perpetuo e per la quale compilò lo Statuto ed il Regolamento che furono approvati il 25 dicembre 1866.
Lo Statuto, elaborato dal Barba, ricalcava quello approvato dallundicesimo Congresso delle società operaie, riunito a Napoli nellottobre 64, ispirato sostanzialmente alle idee del Mazzini e al quale fu dato il nome di Atto di fratellanza delle società operaie italiani5.
Questa Società, a Gallipoli, nei primi anni fu tenuta dai suoi dirigenti al di fuori di ogni influenza politica: essa si interessò, soprattutto, del miglioramento delle condizioni economiche, dellassistenza e dellistruzione degli operai e delle loro famiglie.
Il 28 novembre 1865, su proposta del Consigliere comunale Emanuele Barba, lAmministrazione Municipale aveva dotato il Monte dei projetti, che provvedeva ad accogliere i bambini abbandonati e ad assisterli, per mezzo di una balia, fino alletà di quattro anni, dì "un servizio speciale per trovatelli", destinando alle loro cure un medico che percepiva lo stipendio annuo di L. 2506.
Grazie allimpegno ed alle continue sollecitazioni della Società Operaia, il Consiglio comunale, il 25 giugno 1867, decise listituzione in Gallipoli di un Monte di Pegni, con lo scopo di venire incontro alle necessità delle classi meno abbienti e per cercare di combattere lusura7. Lo Statuto organico del Monte di Pegni venne approvato dal Consiglio comunale il 21 gennaio 18698 e dalla Prefettura di Lecce il 24 aprile 1869; Vittorio Emanuele II lo elevò a Corpo Morale con Decreto Regio del 21 giugno 18699.
Nel 1868 fu istituito anche il Ricovero di Mendicità e di Vecchiaia10 che fu affidato alla gestione della Congregazione di Carità.
Furono aperte Scuole serali e festive per adulti dirette da Emanuele Barba e frequentate da centinaia di operai ed artigiani11. Molti ragazzi di famiglie del popolo frequentarono la Scuola di musica diretta dal maestro Michele Panico che fondò a Gallipoli una famosa Fanfara.
Nel 1865 iniziò a funzionare anche un Asilo infantile12 che raccoglieva circa 80 bambini di famiglie povere, con lo scopo "di sottrarre i bimbi del proletariato ed i proietti da tanti pericoli corporali di cui ne è derivazione labbandono sulla pubblica via e nel tugurio, e di mondarli dal morboso sudiciume a cui tengono dietro per naturale conseguenza le malattie, e massimamente a sanarli e mondarli dalla corruzione morale ed instillare elementi di umana e sociale virtù, abito di nettezza e dordine, sentimento di benevolenza al prossimo, amor di Patria, rispetto alla Religione, riconoscenza ai benefattori, ed inspirare, sin dalla prima età, orrore al vizio"13.
Il Barba, nel 1868, organizzò, assieme al maestro elementare Nicola Cataldi, nipote del defunto ed omonimo Canonico, anche una Compagnia Filodrammatica degli operai della quale fu direttore14.
Negli anni 70, specie nel Mezzogiorno, si verificarono da parte delle società operaie numerose agitazioni e proteste, spesso con lintervento della truppa armata, motivate dai bassi salari, dai duri regolamenti di fabbrica, dai pesantissimi orari di lavoro, dai balzelli comunali, dal carovita causato dal rialzo generale dei prezzi avvenuto in quegli anni.
Pertanto lintensificazione delle agitazioni e degli scioperi fu in sostanza un mezzo con cui una parte almeno della classe operaia cercò di reagire, in modo spontaneo, spesso disordinato, e quindi inadeguato, alla politica economica della classe dominante, che aveva determinato un peggioramento delle già dure condizioni di vita dei lavoratori.
Fu in questa atmosfera di acuita tensione sociale che si attuò la svolta ideologica in senso rivoluzionario e socialista di quella parte del movimento operaio che era influenzato dalle correnti politiche di sinistra.
Verso linizio degli anni 80, a Gallipoli, si guardò con attenzione da parte delle masse operaie più colte e degli artigiani alle idee libertarie dei seguaci di Carlo Pisacane, Giuseppe Fanelli, Carlo Gambuzzi, Raffaele Mileti, democratici non mazziniani, fondatori dellassociazione Libertà e giustizia che predicava lemancipazione del lavoro dal "servaggio sociale al dispotismo della terra e del capitale per mezzo dellistruzione e dellassociazione proletaria", e che raccomandava agli operai di non aspettare "nulla dalla provvidenza del governo, anche se fosse repubblicano", e così pure "dai capitalisti, dai banchieri e dai redditieri", e di convincersi che il segreto della loro redenzione era nelle loro mani. Li incitava quindi a formare delle associazioni non "meramente negative o passive, siccome lo sono quelle dette di mutuo soccorso e che meglio si chiamerebbero delle disgrazie", ma "positive ed attive", capaci di trasformarsi in "associazioni cooperative di produzione e di credito al lavoro" e di collegarsi tra loro15.
Così a Gallipoli, affianco alla Società operaia di muto soccorso Pensiero ed Azione, sorsero la Società Cooperativa dei Bottai, la Società Cooperativa di Costruzione e Produzione (composta di falegnami, fabbri e muratori), la Società Cooperativa dei Calzolai, la Società Democratica Artigiana, che iniziarono ad operare di comune accordo
La categoria dei bottai era la più numerosa e la più dinamica: nelle numerose fabbriche di bottame esistenti in Gallipoli lavoravano, nei periodi di prosperità economica, oltre 400 operai che fabbricavano fusti che servivano per lesportazione dellolio, del vino e, vuoti, per essere venduti in località italiane e straniere come Spagna, Grecia e le Isole Ionie16. Nel porto, che dava lavoro a quasi 500 facchini (bastagi), giungevano navi da ogni parte dItalia e dEuropa per caricare specie lolio che, nelle annate buone, si produceva abbondantemente nella Penisola salentina e che era trattato da importanti Case commerciali17.
A partire dallinizio degli anni Ottanta e per tutto il decennio, nel Salento, si era verificata una grave crisi economica determinata da una serie concomitante di fattori: la mosca olearia e le cattive condizioni atmosferiche avevano in alcune annate distrutto il raccolto delle olive; a ciò si deve aggiungere la caduta dei prezzi dellolio sui mercati internazionali. Si era anche verificato un ristagno dellesportazione del vino da taglio verso la Francia che cessò completamente di importare il nostro prodotto nel 1888 a causa della rottura dei trattati di commercio con lItalia.
Questa crisi, che prostrò leconomia gallipolina, iniziò a manifestare i suoi deleteri effetti sin dal 1882, ripercuotendosi negativamente, in particolar modo, sullindustria di bottame, causando enorme disagio tra la categoria di operai addetta a questa produzione che entrò ben presto in agitazione.
La Società Cooperativa dei Bottai, il 7 gennaio 1882, inviò unurgente richiesta di lavoro, firmata da 600 bottai ai quali si erano aggiunti numerosi facchini del porto, al Prefetto di Lecce18. Questultimo chiese notizie al Sottoprefetto di Gallipoli che lo informò che "i bottai erano in agitazione per le loro disagiate condizioni economiche a causa della disoccupazione". Comunicava che "il lavoro presso le fabbriche di botti era quasi totalmente cessato in quanto non si producevano più botti poiché gli importatori di olio e di vino facevano giungere nel porto di Gallipoli fusti che si usavano per il trasporto di petrolio che pagavano a prezzi molto bassi"; informava, inoltre, che "il Municipio di Gallipoli non era in grado di impiegare in lavori pubblici la numerosa manodopera disoccupata" e che "tutto ciò stava compromettendo seriamente lordine pubblico", e perciò si richiedeva "linvio di numerosa truppa poiché oltre 300 bottai minacciavano di sfasciare i fusti vuoti che i piroscafi sbarcavano sulle banchine"19.
Durante il Consiglio comunale del 16 maggio 1882, i Consiglieri democratici Antonio Franza ed Eugenio Rossi stigmatizzarono aspramente il comportamento dellAmministrazione Municipale, presieduta dal Sindaco conservatore, Bonaventura Garzya, "per aver messo in dimenticanza" gli impegni precedentemente presi "per il miglioramento delle condizioni economiche dei lavoratori poveri, mettendo a disposizione L.2000"20.
Il Sindaco Garzya, durante la tornata del Consiglio Comunale del 19 giugno 1882, relazionò "sulla proposta di provvedimenti per impedire lestrazione dei barili di petrolio", così esprimendosi: "[ ] da qualche tempo è prevalso il sistema di esportare lolio doliva in barili coi quali viene importato il petrolio, cosicchè la fabbricazione delle botti è andata man mano scemando e ora si può dire quasi del tutto cessata. [ ]. Né il male gravissimo si riduce soltanto a far mancare il lavoro a tante migliaia di operai, a mettere sul lastrico tante e tante famiglie. Vi è anche di più: il commercio del legname destinato alla costruzione delle botti è oltre misura diminuito per conseguenza; la importazione del ferro per cerchiare le botti è ridotta quasi a niente; e ciò anche con danno dellErario Nazionale che vede scemato il dazio in questo articolo. Gli stessi inconvenienti si verificano in Spagna. La stessa America che esporta questi barili ne ha proibito la reimportazione. In Italia è necessità che si adotti qualche provvedimento che valga a salvare una delle più utili e floride industrie: la produzione di botti".
Il Consiglio comunale, poi, su proposta del Sindaco, "fa voti presso le Camere del Commercio ed Arti del Regno perchè vogliano provocare dal Governo del Re quellespedienti che saranno creduti più opportuni onde impedire che la importantissima industria della fabbricazione delle botti abbia ad essere assolutamente distrutta dalla concorrenza che viene dai barili di petrolio", suggerisce, poi, che siano presi, dalle Autorità superiori, "provvedimenti rigorosi atti a proibire la riesportazione dei barili usati per il trasporto di petrolio, o di sottoporli a gravoso dazio"21.
Anche il Sodalizio dei bottai rivolgerà la stessa richiesta al Ministero dellAgricoltura, Industria e Commercio che nel mese di dicembre rispose che "il Governo non [era] in grado di adottare nessun provvedimento, circa alloggetto della istanza di cui si parla[va], non p[oteva] imporre un dazio duscita sui barili che [avevano] già servito allimportazione di petrolio, poichè trattati di commercio esistenti vieta[va]no dimporre nuovi dazi duscita; tanto meno potrebbe proibire del tutto la produzione dei barili medesimi"22.
Nel mese di luglio la situazione si aggravò quando i bottai disoccupati impedirono alla Casa commerciale di Vincenzo Starace limbarco su di un bastimento di centinaia di botti piene di olio poiché il commerciante non aveva aderito alla loro richiesta di far riparare i fusti, non completamente a tenuta stagna, prima che fossero riempiti di olio. Contemporaneamente centinaia di operai minacciarono di sfasciare, per poi ricostruire dietro mercede, i numerosi fusti vuoti usati per il trasporto di petrolio che giacevano sulle banchine. Solo lintervento della truppa impedì il peggio.
Una relativa calma tornò quando i rappresentanti della Società dei bottai raggiunsero un accordo con Vincenzo Starace, "che più sensibile ai bisogni degli operai, promise di dare 30 centesimi per ogni barile vuoto [già usato per il trasporto di petrolio] che giungesse a Gallipoli, bisognevole di riparazione, e 15 per ogni barile vuoto che era già stato riparato fuori". Questo espediente però non poteva risolvere il grave problema poiché i bottai disoccupati avrebbero lavorato solo un giorno alla settimana: allora, per evitare guai maggiori, intervenne lAmministrazione civica che impiegò la maggior parte dei disoccupati nei lavori della costruzione della ferrovia Gallipoli-Zollino ed in altri lavori pubblici.
Altre turbolenze da parte delle Società operaie si verificarono nel luglio del 1883 quando un gran folla di popolani impedì che la nave Europa, di proprietà della Società di Navigazione Adriatica, attraccasse nel porto: si era sparsa la notizia, che poi risultò infondata, che a bordo della nave ci fosse il colera23.
Durante gli anni Ottanta aumentò il numero dei lavoratori che aderirono alle Società operaie che potenziarono le loro strutture modificandole profondamente e favorendo obbiettivamente sia lo sviluppo di forme nuove di lotta di classe sia la penetrazione della propaganda e dellorganizzazione socialista: esse dimostrarono di aver raggiunto una buona maturità politica adottando una linea di condotta unitaria ogni qualvolta dovettero affrontare situazioni che riguardavano problemi inerenti il miglioramento delle condizioni economiche delle classi lavoratrici. Il repubblicano Ettore Eugenio Barba, figlio di Emanuele, scriveva sullo Spartaco che "le energie giovanili si ribellarono una buona volta ai monumentali maestri di egotismo deleterio e depauperatore, e, liberandosi delle viscide braccia di essi, iniziarono lera nuova, ingaggiando le nuove battaglie dellideale".
Le Società operaie furono vicine allAssociazione democratica elettorale, della quale era presidente Emanuele Barba, ed appoggiarono il Partito Democratico Repubblicano nella lotta politica contro il locale Partito Conservatore24.
Dalle colonne del giornale gallipolino Spartaco, al quale "più dogni altra cosa stava a cuore il progresso e lavvenire dei fratelli operai", che combatteva per lemancipazione civile, intellettuale ed economica delle classi diseredate, e che sosteneva energicamente la "necessità dellistruzione e delleducazione popolare, senza le quali le masse non potevano affrancarsi dallignoranza e dallabbrutimento e non sarebbe stata possibile nessuna rivendicazione sociale"25, il 9 novembre 1887, su sollecitazione del Circolo Repubblicano di Napoli, che raccomandava il Patto di Fratellanza delle Società Operaie Italiane26, Ernesto Barba, con lo pseudonimo di Fra Barbino, si rivolgeva "a tutti i liberali democratici, che, nella provincia di Lecce, specialmente, ten[evano] in mano le direzioni dei vari sodalizi operai, facendo appello al loro patriottismo e alla loro attività, perché nel più breve tempo possibile si adoperassero a mandare al Comitato Centrale delle Società affratellate ladesione di quelle Associazioni artigiane e di mutuo soccorso, che ancora non [erano] cadute fra le reti insidiose di qualche pasciuto borghese o di qualche larva di sagrestia. [ ]"27, e agli operai, "che sudano per un pane che non basta a sfamarli e che cadono vittime dei sagrifizi e del lavoro", additava "questo Patto come uno dei più grandi ed efficaci mezzi per giungere un giorno al compimento delle rivendicazioni sociali".28
Lappello del Barba non fu vano e lo prova il fatto che tutte le Società operaie di Gallipoli delegarono Valentino de Noie ed Ernesto Barba, redattori dello Spartaco, quali loro rappresentanti al XVII Congresso delle Società Operaie Italiane affratellate, tenuto a Napoli dal 20 al 24 giugno 1889.29
AllAmministrazione comunale, retta dal Sindaco Michele Perrin, che durante la maggior parte degli anni Settanta aveva governato onestamente, realizzando numerose opere pubbliche, era subentrata quella guidata dal conservatore Bonaventura Garzya, che, intenta solo a curare le proprie clientele, ed insensibile ai bisogni delle classi popolari, continuamente travagliate dalla disoccupazione e dalla miseria, si distinse, per tutti gli anni Ottanta, per inefficienza, malversazione e corruzione.
Alcuni giornali locali come il Lucifero,30 diretto da Nicola Patitari, fustigarono gli Amministratori disonesti; quello, però, che maggiormente si distinse nellopera di severa censura fu, dopo lottobre 1887, lo Spartaco. Dalle sue pagine il Diavolo Rosso, nella rubrica Fasti dellAmministrazione Comunale di Gallipoli, denunziava continuamente lo stato disastroso delle finanze comunali e "lo stato deplorevole in cui gli amministratori avevano ridotto il nostro paese",31 ed invitava il Prefetto di Lecce ed il Procuratore del Re ad allontanare e perseguire gli Amministratori disonesti "onde salvare il paese, lungamente dimenticato, da certissima e vicina catastrofe".32
Nellagosto 1888, Edoardo Fiorentino, "accreditato commerciante della nostra piazza", in una sua relazione sul commercio a Gallipoli, così si esprimeva: "[ ] lo stato attuale è insopportabile per queste provincie che non hanno, né possono avere altro cespite che lOlivo e la Vigna", e continuava che "nonostante ci fosse stato negli ultimi mesi un lieve incremento per quanto riguarda[va] lesportazione del vino, molto prodotto restava invenduto nelle cantine, da formare la tanto lamentata crisi vinicola, cagionata da esuberante produzione e resa più evidente ed acuta dal cadente trattato commerciale con la Francia". Per quanto, poi, riguardava il commercio dellolio, che era il principale prodotto trattato a Gallipoli e che nei secoli aveva dato tanta prosperità a tutte le categorie di abitanti, riferiva che "regnava sovrana la calma nel nostro caricatoio", poichè, in special modo la Russia, che era una delle nostre maggiori importatrici, preferiva lolio di Gioia di Calabria che forniva olio mangiabile di alta qualità. "Il nostro deposito attuale continuava il Fiorentino - si valuta circa salme 30.000. I prezzi a Gallipoli, alla Borsa, vivono una vita stentata, si mantengono costantemente al ribasso e le pochissime richieste e la prospettiva di un buon raccolto li avviliscono maggiormente. Il listino del giorno 19 corrente (agosto) segna D.23,55 salma contanti".33
Questa era la critica situazione economica, che continuava a produrre disoccupazione e miseria specie tra le classi cittadine meno abbienti, quando il Consiglio comunale, presieduto dal Sindaco Bonaventura Garzya, nella speranza di far quadrare i conti del bilancio comunale dissestato, deliberò allunanimità di introdurre "la tassa sul materiale da costruzione" per un introito di L: 25.000.34 Questo nuovo balzello colpiva gravemente le classi lavoratrici già prostrate da anni dalla crisi economica che le aveva ridotte alla più nera miseria. Ma proprio nel momento in cui si attendevano disordini ed insurrezioni le Società operaie, opportunamente e saggiamente guidate, dimostrarono il loro ottimo grado di capacità organizzativa e la loro maturità politica.
Così riferiva lo Spartaco: "Il Municipio di Gallipoli, in una delle sedute ordinarie di questi giorni, ha deliberato limposizione di alcune nuove tasse sul materiale da costruzione. Appena la classe operaia ha avuto sentore di ciò è stata commossa profondamente, e siccome avviene nelle forti sensazioni, nei gagliardi affetti psichici, limpressione dolorosissima ha minacciato di manifestarsi nei modi più energici, colla violenza, senza il previo ragionamento. Ma per quella virtuosa prudenza, per quella intelligente serietà, che distingue i nostri laboriosi operai, i primi sentimenti di immediata ed irragionevole reazione sono stati strozzati da una logica, e necessariamente apprezzabilissima, decisione di voler tentare tutte le vie che la Legge lascia aperte prima di scendere a vie di fatto. Una commissione di operai eletta dai compagni, costituitasi in comitato promotore ha saputo, molto sennatamente, persuadere la coscienza popolare e discutere in un pubblico Comizio le proprie idee, tentare di convincere lautorità tutoria di non permettere limposizione del dannevole balzello, e stabilire la maniera di agire in caso la loro protesta non avesse accoglienza favorevole".35
I dirigenti locali del Partito Democratico Repubblicano, per "non dare agio ai ciurmadori ed ai malviventi di ripetere la vecchia frase: - che è la turbolenza (!) dei soliti caporioni ed apostoli da strapazzo che compie una delle tante gesta inconsulte ", si erano "astenuti dal prendere la più piccola parte" ed avevano "lasciato ampia libertà dazione agli operai", adoperandosi "con tutti i loro sforzi ad ottenere la calma, a raccomandarla, a mantenerla per il momento".
Il Comitato operaio promotore organizzò "un pubblico meeting", affiggendo alle cantonate della città il seguente comunicato: "Cittadini, avendoci un gruppo di operai fatto istanza, acciocchè questa Società di Bottai si faccia promotrice di una pubblica riunione, per discutere sulla deliberazione del Consiglio Comunale riguardante la tassa sui materiali da costruzione, facendo adesione insieme ad altre Società consorelle, invitiamo tutti i cittadini e particolarmente gli operai ad intervenire nella sala di questa Società il giorno 18 corrente alle ore 9 ant. - Gallipoli 17 Novembre 1888. - Per la Società, il Presidente Giuseppe Mosco" -.
Domenica, 18 novembre, risposero allappello del Comitato un grandissimo numero di cittadini tanto che nella grande sala delle adunanze della Società dei Bottai si erano assiepati circa 800 operai: altrettanti sostavano lungo le scale che conducevano ai locali e nella sottostante via.
Apertasi la seduta sotto la presidenza delloperaio Giuseppe Mosco, "prendono la parola diversi oratori che con stringata parola, con felicità di concetto, con logica dimostrazione fanno il processo della comunale Amministrazione e del balzello". Attilio Passeri, Girolamo Rossi, Andrea Solidoro, Arturo Senape, Luigi Arlotta, Stanislao Senape, Antonio Franza, Federico Portone ed Eugenio Rossi stigmatizzarono loperato della civica Amministrazione.
LAssemblea, infine, votò, allunanimità, il seguente ordine del giorno:
"Le Società operaie, i lavoratori e i cittadini di Gallipoli, riuniti in pubblico comizio, oggi 18 Novembre 1888;
Presa visione del deliberato di questo Consiglio comunale, in data 29 Ottobre 1888, col quale, per rimediare allo sfacelo della finanza del Comune, si aggravano i contribuenti di nuovi ed insopportabili balzelli, tra cui quello sui materiali da costruzione che colpisce più direttamente i lavoratori in questo triste periodo di crisi economica, distruggendo totalmente quelle poche e tisiche industrie che finora hanno dato un magro lavoro alla numerosa classe operaia;
Considerando che mentre il Municipio non si perita di aggravare i cittadini di nuove ed odiose imposte per lammontare di oltre L. 50,000 continua pur tuttavia nellusato pessimo sistema dello scialacquo, facendo della finanza del Comune una Cassa di mutuo soccorso e di sussidio a beneficio di pochi interessati alla pubblica azienda;
Considerando che le condizioni economiche di tutta la cittadinanza sono tali da non potere sopportare in nessuna guisa le nuove imposte;
Unanimemente protestano contro la detta deliberazione del 29 ottobre 1888;
Invitano lAmministrazione a cessare una buona volta dal cennato sperpero sostituendo al sistema dilapidatorio un sistema di amministrazione e di finanza schiettamente democratico ed onesto, inspirato ai principii delleconomia e della prudenza e proporzionato alle risorse reali della città;
Invocano, dallautorità tutoria, specialmente dal Prefetto della provincia, provvedimenti durgenza che valgano a scongiurare i disastrosi effetti, di cui già se ne sentono purtroppo le conseguenze nella fiera concorrenza che le nascenti industrie subiscono da altri luoghi;
E reclamano, specialmente nel pubblico interesse, la respinsione di tale deliberazione e la fine di uno stato di cose che perdura da tempo e che da un giorno allaltro aggravandosi, potrebbe produrre serii guai al paese;
E delibera infine inviare una Commissione36 al Prefetto della provincia per esporre verbalmente le tristi e critiche condizioni, in cui versa questa città".
Dopo, i componenti lAssemblea, ordinatamente e pacificamente, giunsero al Largo Briganti, sede della Sottoprefettura, dove la Commissione, trovandosi in congedo il Sottoprefetto, espose al segretario Achille Massa, il contenuto dellordine del giorno approvato, e comunicò la richiesta di essere ricevuta dal Prefetto della Provincia.
Il giorno seguente il Prefetto Cav. Daniele Vasta sintrattenne per circa unora con la Commissione promettendo "di prendere a cuore la questione vitalissima, cercando tutti i mezzi per provvedere e fare giustizia".37
Nei giorni seguenti lo Spartaco non fu avaro di lodi nei riguardi della grande e pacifica manifestazione, quando così scrisse: "[ ]. Gli operai gallipolini che finalmente hanno compreso dover loro stessi pensare ai casi propri, con questa protesta, consigliata dalla legge medesima, hanno dimostrato eloquentemente che lora del "redde rationem" continua a suonare e che deve aver termine uno stato di cose deplorevole. [ ], loperaio nostro ha compreso la questione, ha visto che il nodo gordiano non può sciogliersi che con un colpo ben dato di spada. Ha atteso che il venefizio cancrenoso delle corruttele e dellimmoralità delle alte sfere avesse cominciato a cariare le ossa dellorganismo, di troppo disfatto, del nulla tenente, del lavoratore, per dare il grido dallarme, per dare la prima avvisaglia, per affidarsi alla riscossa, da lungo tempo preparata, e per molte considerazioni a stento procrastinata. [ ].38
Ancora agitazioni delle Leghe operaie che, la sera del 12 gennaio 1889, assieme allAssociazione Democratica Elettorale, organizzarono un Comizio nellampia sala dei Bottai per protestare contro la politica autoritaria e militarista del Crispi: la relazione fu tenuta da Eugenio Rossi.39
E il redde rationem giunse, finalmente, nel 1889, quando il Crispi, il 17 ottobre, cedendo alle continue denunzie della parte onesta del popolo gallipolino, sciolse lAmministrazione comunale,40 e il 10 novembre inviò a Gallipoli il Commissario Regio, Pio Mencato.41
Nelle elezioni amministrative per il rinnovo del Consiglio Provinciale, che si tennero domenica 15 novembre, lappoggio delle Società operaie fu determinante per sconfiggere il candidato conservatore Bonaventura Garzya e per eleggere il democratico-repubblicano Antonio Franza che prevalse sullavversario per 30 voti.
Era la prima volta che il raggruppamento della Sinistra (Partito Democratico Repubblicano) sconfiggeva i Conservatori e questo anche grazie alla riforma della legge elettorale comunale e provinciale che aveva ampliato il numero degli elettori, concedendo il diritto di voto alla piccola borghesia, al colto artigianato e ad una parte del proletariato locale.42
Il 2 dicembre, il Commissario Regio, in sede di redazione del Bilancio di previsione per il 1890, decise linnalzamento di tutte le tariffe daziarie:43 dopo qualche giorno, nel Teatro Garibaldi, le Società operaie organizzarono un Comizio "per protestare contro le nuove gravissime imposte".
Quel giorno il Teatro era gremito: presiedeva Santo Barba, vecchio operaio; gli interventi più interessanti e più applauditi furono quelli di Ernesto Barba, di Eugenio Rossi, delloperaio Fiorentino Spada e di Vincenzo DElia. Si votò un ordine del giorno che, tra laltro, affermava che "le nuove tasse imposte dal Regio Commissario e le variazioni apportate al Bilancio del Comune [erano] intollerabili con lattività economica del paese". Si decise anche di nominare una Commissione che, dopo aver redatto unesauriente e circostanziata relazione, si recasse presso il Prefetto della Provincia per affidare "al suo senno e alla sua giustizia linteresse del paese".44
Le forti proteste, "giuste, sante ed inevitabili", però, non erano contro il Commissario, Pio Mencato, "perla di galantuomo", bensì, come giustamente affermò Ernesto Barba, "contro i veri responsabili dello stato deplorevolissimo in cui era ridotto il bilancio del Comune, contro i pantofagi ed i dilapidatori, i quali per anni avevano fatto man bassa di tutto ed avevano guastato e rovinato a loro bellagio, senza curarsi mai dellavvenire, senza mai sentire la voce della miseria delle classi diseredate".
I pantofagi ed i dilapidatori che nuovamente si erano presentati nella lista dei Conservatori, nelle elezioni amministrative del 23 febbraio 1890, per il rinnovo del Consiglio Comunale, furono sconfitti, grazie anche al voto dei proletari, organizzati nelle Società operaie, dal Partito Democratico Repubblicano che, il 9 marzo, elesse Sindaco lavv. Stanislao Senape.45