L'APPROFONDIMENTO


I Coppola nel '600 - Giovanni Andrea Coppola

Giovanni Andrea  - Autoritratto

Nacque a Gallipoli, terzo di tre figli, il 13 gennaio 1597 da Orsino ed Elisabeta Pane. Si laureò in medicina come il padre, da qui il titolo di "doctor phisicus" che sempre accompagna il suo nome negli atti ufficiali e persino nell'unica firma apposta per esteso sul dipinto di una tela con le "Anime del Purgatorio" che si trova nella Cattedrale di Gallipoli. Di questo benemerito cittadino di Gallipoli così scrive Vincenzo Dolce: "Da Tiziano egli ritrasse la naturalezza, lo stile puro ed elegante dal Correggio, la simmetria da Raffaello, l'invenzione dal Primaticcio, la grazia dal Parmigiano, il colorito dalla scuola Lombarda, ed imbevuto de' principii di questi caposcuola creò quei suoi dipinti, che sono lavori insigni per coloro che intendono e possono comprenderne il bello, e darne giudizio". Nella firma che abbiamo sopra citato egli si dichiara dottore patrizio e solo alla fine "picturae   perquam studiosus". Questa frase è una chiave di lettura essenziale per comprendere questa singolare figura di artista che "ad onta della sua ricca produzione rimase pur sempre e innanzi tutto un patrizio, per il quale l'esercizio della pittura poteva rappresentare un diletto, al massimo un'attività secondaria, rispetto alla più dignitosa professione di medico.

Questa impostazione essenzialmente aristocratica lo condizionò anche nelle scelte, portandolo ad inclinare piuttosto verso le correnti accademizzanti della pittura napoletana, facenti capo al Domenichino, a Stanzioni, a Pacecco De Rosa; e quindi a risalire alle fonti stesse di quella pittura, al Lanfranco, ai Carracci, a Guido Reni (si vedano le copie della "Maddalena", nel Museo civico e della "Crocefissione di San Pietro", nella parrocchiale di Alezio). Solo negli ultimi anni di attività, attenuò la componente accademica e potenziò piuttosto quella vena di colorista, che fino allora aveva estrinsecato solo nei dipinti di piccole dimensioni, avendo instaurato un rapporto più frequente con i pittori che operavano in Puglia come Carlo Rosa, il Fracanzano, il Guarino, il Finoglio e con le correnti napoletane fiammingheggianti.

Artista dal carattere estroverso, versatile ed avventuroso, continuamente ispirato da una irrequieta fantasia creativa, dotato di grande perizia e di una forte conoscenza dei mezzi tecnici, fu molto sensibile al bello classico e di questo mondo egli assimilò al proprio gusto di pittore colto e raffinato l'eleganza del disegno e certe audacie cromatiche. Nei suoi dipinti, in un dinamismo scenografico di masse, si muovono, tra luci ed ombre, nella continua ricerca dell'effetto cromatico, con monumentale vigore, figure frementi che paiono possedere una impetuosa tridimensionalità.

Inoltre, così si esprime il canonico Vincenzo Liaci: "L'insuperabile potenza scultorea che tutti notano nei quadri del Coppola ci dice che egli possedeva una squisita percettibilità del rilievo. La sua capacità stereoscopica gli forniva i più segreti artifici per dare alle sue composizioni sfondi meravigliosi (...). Questa potente capacità stereoscopica era rafforzata nel pittore da una sensibilità muscolare che alla composizione pittorica reca solidità, forza, agilità, e gagliardia di rilievo (...). Il senso della vista e del tatto dunque procedevano nel Coppola di pari passo ed in armonia perfetta da renderlo un uomo armonico, direi classico, nelle sue facoltà estetiche, rimanendo sempre l'uomo un po’ bizzarro".

Per la sua formazione artistica certamente determinanti furono gli anni trascorsi fuori Gallipoli tra il 1633 ed il 1637. E' lecito supporre che, in quegli anni, egli sostò a Napoli, Roma, Firenze, Bologna ed in altre città toscane e lombarde e che questo soggiorno abbia contribuito, in maniera determinante, a maturare ed affinare la sua personalità artistica che già in quell'epoca doveva essere ben definita se a quella fase della sua attività sono attribuiti il dipinto della "Pentecoste" che si trova nella chiesa di S. Romano, a Lucca, i bozzetti dell’"Epifania" e dell'"Assunta", ora agli Uffizi, e i deliziosi quadretti con "Scene della vita della Vergine e dei SS. Giovanni Battista ed Andrea, che contornano la "Madonna delle Grazie" di Gian Domenico Catalano, nella Cattedrale di Gallipoli.

Rientrato a Gallipoli nel 1637, da dove pare che non si sia più allontanato, fuorché per brevi soggiorni a Napoli e in alcune città pugliesi, oltre che a dedicarsi alla pittura, esercitò la professione di medico stipendiato dall'Università. Ricoprì anche cariche pubbliche: fu general sindaco nel 1639-40 e successivamente ricoprì l'importante carica di Conservatore delle scritture e privilegi della città presso l'Archivio storico. Nel 1637 si ammogliò con Elisa Rocci, sorella di Vittoria che nel 1630 aveva sposato il fratellastro Antonio, dalla quale non ebbe figli.

Dal 1637 fino al gennaio del 1659, anno della sua morte, egli lavora intensamente per committenti gallipolini e salentini e la cattedrale di S. Agata conserva la parte più cospicua ed interessante della sua produzione.

Martirio di S. Agata

S. Agata

Dalla "Sacra visita " (1660) di Monsignor G. Montoya de Cardona, vescovo di Gallipoli dal 1659 al 1666, si ricava la data di allocazione in S. Agata del quadro con le "Anime del Purgatorio" avvenuta nel 1642 e la data approssimativa di esecuzione della "Incoronazione della Vergine" (1659), commissionata dalla famiglia Patitari e rimasta incompiuta per la morte del pittore. Un rogito del 23 gennaio 1645 del notaio Giovanni Sgura ci permette, inoltre, di conoscere la convenzione stipulata tra il vescovo di Gallipoli Consalvo De Rueda (1622-1650) e il pittore riguardante l'obbligo di quest'ultimo di dipingere il quadro del "Martirio di S. Agata" in cambio della concessione di un sepolcro per la famiglia e del diritto di godere del patronato su di un altare che lo stesso avrebbe abbellito con un quadro raffigurante l'"Assunzione della Vergine". Nel 1652 il Vescovo Andrea Massa (1651-1655) concede alla patrizia famiglia Cariddi il patronato su di un altare per il quale il Coppola, su commissione del decano e cantore della Cattedrale G. Cariddi, dipinge la tela dell'"Epifania".
Ancora, su commissione del patrizio Jacopo De Marco, dipinge la tela i "Miracoli di S. Francesco di Paola", allocata sull'altare della navata sinistra tra l'altare di S. Isidoro e quello dell'Epifania. Undici piccoli dipinti su legno, sei di forma ovale e cinque rettangolari, sono inseriti, come abbiamo detto, intorno alla tela della "Madonna delle Grazie", opera dell'altro celebre pittore gallipolino, G. Domenico Catalano (1570-1636): essi rappresentano la "Vocazione", la "Flagellazione", la "Salita al patibolo", la "Crocefissione", la "Nascita del Battista", la "Predica", il "Battesimo di Gesù", la "Decollazione del Battista" e tre Storie della Vergine, la "Nascita", l'"Annunciazione" ed il "Transito". Sono scenette deliziose nelle quali il pittore dà spazio al paesaggio e rende le immagini dei protagonisti "con straordinaria vivacità pittorica, secondo moduli toscani e romani, anche se con schemi manieristici".
Altre opere pregevoli sono il "S. Oronzo", nella Cattedrale di Lecce, dipinto in occasione della peste che si abbatté sul Regno di Napoli nel 1658; il "S. Giorgio", nella Cattedrale di S. Agata, ed il ritratto del vescovo C. De Rueda che si trova nell'Episcopio di Gallipoli.
Natura morta

Natura morta

Paesaggio marino

Paesaggio marino

Di buona fattura sono i dipinti che gli eredi di Niccolò Coppola hanno donato alla Città di Gallipoli e che dal 3 maggio 1982 si trovano nel Museo civico in attesa di restauro: tra essi di incomparabile bellezza sono una "Natura morta", una "S. Agata" ed un "Paesaggio marino".

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